
BRUNO BIFFI
Bruno Biffi
“La strada dell’incisione non è mai gratuita. Non si improvvisa. Il ‘labor limae’ è il pane quotidiano. Forse per questo è poco seguita”, osserva Luigi Erba in un saggio scritto, qualche anno fa, per Bruno Biffi. Tecnica complessa, che richiede grande abilità e conoscenza del metodo, l’incisione chiede all’artista la perizia di un artigiano e lascia ben raramente spazio all’approssimazione. In cambio, essa offre ampie possibilità formali e espressive e risultati straordinari, soprattutto quando alla capacità tecnica si accompagnano gusto e sensibilità creativa: qualità che a Bruno Biffi certo non mancano.
Spesso il pubblico non osserva le stampe con la medesima attenzione con cui guarda un dipinto. Molti pittori sono stati anche eccellenti incisori ma ben raramente vengono ricordati per le loro opere a stampa. Eppure alcuni hanno trovato nell’incisione una mezzo espressivo a tratti ancor più potente ed efficace della pittura. Certi artisti hanno una vera e propria vocazione per l’incisione, vi si esprimono a pieno, ancor meglio che con la tavolozza, per una sorta di talento naturale, trovando una propria strada, in bilico tra perizia tecnica e libera interpretazione personale: Bruno Biffi è uno di loro. Non è solo la conoscenza tecnica e la dedizione con cui egli destreggia il metodo (anzi: i metodi, visto che Biffi ha sperimentato tutte le tecniche, dall’acquaforte e all’acquatinta, fino alla ceramolle e alla maniera nera), è anche la personale cifra stilistica con cui realizza le sue carte, la passione e il sentimento che vi trasmette a renderlo un grande interprete dell’arte incisoria.
All’incisione egli si è dedicato fin dall’inizio del suo percorso artistico. Ha studiato gli strumenti, i procedimenti ma anche i maestri che prima di lui vi si sono espressi. Biffi, del resto, ha stampato anche per molti importanti artisti del territorio e ha curato numerosi laboratori e corsi di incisione. È proprio la profonda conoscenza del mestiere che gli ha permesso di abbandonare, per la sua produzione personale, i metodi classici per osare tecniche miste, in assoluta libertà, senza condizionamenti, gestendo la lastra quasi fosse una tela da dipingere col pennello. Il risultato non delude: fin dalle prime prove, realizzate all’inizio degli anni Novanta, nascono opere convincenti e originali, nelle quali la morbidezza del tocco pittorico si sposa armonicamente alla severità del segno inciso. I soggetti sono quelli frequentati anche nella pittura ad olio: per lo più paesaggi e scorci di campagna. Rispetto a quelli dipinti, però, i paesaggi incisi sono ancora più suggestivi e sospesi. Vi si riconosce, qua e là, qualche elemento noto, qualche riferimento al lungo Adda e ai luoghi frequentati dall’artista, ma essi restano comunque e con evidenza paesaggi di invenzione, quasi ipotesi di paesaggio, riflessioni personali, momentanee illuminazioni, visioni oniriche o, forse, ricordi. Lontanissimi dalla veduta classica, i paesaggi di Biffi sfiorano l’astrazione, giocano con il segno, con le luci e con le ombre e con le sfumature, lasciano spazio alla casualità, al capriccio di un risultato solo parzialmente controllabile e modificabile dall’artista e per questo ancora più affascinante. Anche la nuova serie dedicata alle cave non sfugge a questa logica.
Sono opere che, a mio parere, non rivelano solo la perizia tecnica di chi le ha realizzate ma anche la sua personalità: rivelano la sensibilità di un artista che ha compiuto le sue scelte con grande serietà, che ha voluto smettere di creare per un lungo periodo, che ha poi saputo ricominciare, con rinnovata passione e che ora si dedica alla propria arte con entusiasmo, modestia e dedizione, raggiungendo risultati davvero notevoli.
“La strada dell’incisione non è mai gratuita. Non si improvvisa. Il ‘labor limae’ è il pane quotidiano. Forse per questo è poco seguita”, osserva Luigi Erba in un saggio scritto, qualche anno fa, per Bruno Biffi. Tecnica complessa, che richiede grande abilità e conoscenza del metodo, l’incisione chiede all’artista la perizia di un artigiano e lascia ben raramente spazio all’approssimazione. In cambio, essa offre ampie possibilità formali e espressive e risultati straordinari, soprattutto quando alla capacità tecnica si accompagnano gusto e sensibilità creativa: qualità che a Bruno Biffi certo non mancano.
Spesso il pubblico non osserva le stampe con la medesima attenzione con cui guarda un dipinto. Molti pittori sono stati anche eccellenti incisori ma ben raramente vengono ricordati per le loro opere a stampa. Eppure alcuni hanno trovato nell’incisione una mezzo espressivo a tratti ancor più potente ed efficace della pittura. Certi artisti hanno una vera e propria vocazione per l’incisione, vi si esprimono a pieno, ancor meglio che con la tavolozza, per una sorta di talento naturale, trovando una propria strada, in bilico tra perizia tecnica e libera interpretazione personale: Bruno Biffi è uno di loro. Non è solo la conoscenza tecnica e la dedizione con cui egli destreggia il metodo (anzi: i metodi, visto che Biffi ha sperimentato tutte le tecniche, dall’acquaforte e all’acquatinta, fino alla ceramolle e alla maniera nera), è anche la personale cifra stilistica con cui realizza le sue carte, la passione e il sentimento che vi trasmette a renderlo un grande interprete dell’arte incisoria.
All’incisione egli si è dedicato fin dall’inizio del suo percorso artistico. Ha studiato gli strumenti, i procedimenti ma anche i maestri che prima di lui vi si sono espressi. Biffi, del resto, ha stampato anche per molti importanti artisti del territorio e ha curato numerosi laboratori e corsi di incisione. È proprio la profonda conoscenza del mestiere che gli ha permesso di abbandonare, per la sua produzione personale, i metodi classici per osare tecniche miste, in assoluta libertà, senza condizionamenti, gestendo la lastra quasi fosse una tela da dipingere col pennello. Il risultato non delude: fin dalle prime prove, realizzate all’inizio degli anni Novanta, nascono opere convincenti e originali, nelle quali la morbidezza del tocco pittorico si sposa armonicamente alla severità del segno inciso. I soggetti sono quelli frequentati anche nella pittura ad olio: per lo più paesaggi e scorci di campagna. Rispetto a quelli dipinti, però, i paesaggi incisi sono ancora più suggestivi e sospesi. Vi si riconosce, qua e là, qualche elemento noto, qualche riferimento al lungo Adda e ai luoghi frequentati dall’artista, ma essi restano comunque e con evidenza paesaggi di invenzione, quasi ipotesi di paesaggio, riflessioni personali, momentanee illuminazioni, visioni oniriche o, forse, ricordi. Lontanissimi dalla veduta classica, i paesaggi di Biffi sfiorano l’astrazione, giocano con il segno, con le luci e con le ombre e con le sfumature, lasciano spazio alla casualità, al capriccio di un risultato solo parzialmente controllabile e modificabile dall’artista e per questo ancora più affascinante. Anche la nuova serie dedicata alle cave non sfugge a questa logica.
Sono opere che, a mio parere, non rivelano solo la perizia tecnica di chi le ha realizzate ma anche la sua personalità: rivelano la sensibilità di un artista che ha compiuto le sue scelte con grande serietà, che ha voluto smettere di creare per un lungo periodo, che ha poi saputo ricominciare, con rinnovata passione e che ora si dedica alla propria arte con entusiasmo, modestia e dedizione, raggiungendo risultati davvero notevoli.
(2010)