BRUNO FREDDI

Bruno Freddi Poliedricità. Contaminazione. Dialogo. Interazione. Sperimentazione. L?arte di Bruno Freddi è innanzi tutto questo. Un?unica voce formata da suoni diversi. Una visione multiforme composta da singoli sguardi preziosi (a volte indispensabili) gli uni per gli altri, sebbene ciascuno autonomo e indipendente nella sua singolarità. La logica della ricerca di Bruno Freddi si disvela a pieno solo se indagata in tutta la sua complessità di tecniche, linguaggi, significati, atmosfere: un vortice creativo travolgente e instancabile, un micromondo composito e sfaccettato, come un prisma attraverso il quale scoprire un universo. Con straordinaria coerenza stilistica e semantica, Bruno Freddi lavora da sempre su più fronti, giocando con i materiali, con le discipline, con le culture, con la grammatica stessa dell?arte e con la sua storia. Cita liberamente i classici e i maestri, li avvicina incantato, con sguardo amorevole, per poi tradirli con uno sberleffo irriverente. Confonde le direzioni e mescola le acque. Ed è sempre lui ? istrionico e talentuoso ? a condurre il gioco: che si tratti di un dipinto da parete, di un gioiello prezioso, di una scultura in bronzo o di una performance? comunque è Bruno Freddi. (da Senza mezzi termini, pubblicato in: Espressioni, catalogo della mostra al MUST di Vimercate, 2015) Bruno Freddi è un artista poliedrico, capace di passare dalle discipline più diverse con grande naturalezza. Pittore, scultore, incisore, orafo, regista e attore teatrale? Freddi ha costruito la sua identità d?artista con i mattoni più diversi, portando avanti un discorso di rara coerenza. La ricerca di Freddi è, dunque, complessa e stratificata: se le radici affondano nella storia personale dell?artista, le cime dei rami sfiorano contesti molto diversi ? dalla filosofia orientale all?immaginario delle Avanguardie artistiche dei primi del Novecento ? in un suggestivo dialogo tra culture e linguaggi differenti. A fronte di tanta eterogeneità di esperienze, per capire l?arte di Bruno Freddi è a mio parere strettamente necessario conoscere l?universo dell?artista, il suo mondo fatto di teatro Butoh e sedute di yoga, di irriverenze dadaiste e riflessioni spirituali, di tradizione e innovazione; il suo studio, ad esempio ? quello spazio privato che l?artista ha deciso di costruirsi a Osnago, fuggendo da Milano, la città in cui è cresciuto artisticamente e in cui ha lavorato per una vita ? è un luogo magico, un luogo in cui frammenti di scenografie teatrali diventano parte di un dipinto e piccole sculture si trasformano in oggetti da palco, uno spazio dove l?Oriente si incontra con l?Occidente. Proprio come succede nelle sue coreografie Butoh, nei quali la storia dell?arte e quella della letteratura occidentale sono rivissute (e ri-narrate) nella maniera di questa antica disciplina giapponese, in bilico tra espressione teatrale e danza, tra performance e spettacolo. Straordinario in questo senso uno degli ultimi lavori, dedicato a Kantor e al Dada, realizzato in collaborazione con Elena Carozzi, un vero proprio viaggio tra visionarie folgorazioni e riferimenti colti, in un rincorrersi di citazioni artistiche e letterarie, immagini iconograficamente perfette, scene ad effetto, profondamente coinvolgenti. Il teatro, che oggi impegna una parte importante della sua carica creativa, ha attratto Freddi fin da giovane, e ha da sempre rappresentato una parte integrante del suo lavoro da pittore, scultore e orafo. Tutto nasce da un muro. Il muro della casa di famiglia caduto durante un bombardamento di guerra, il muro della cascina di fronte, che racconta la storia di un luogo, il muro di un palazzo di città che registra lo scorrere agitato e convulso della vita metropolitana: i muri che l?artista ha incontrato e ha osservato sono all?origine della sua lunga storia. E? un muro che non chiude, che non imprigiona, ma che semmai protegge, lasciandosi scalare, nel caso, per aprire nuove dimensioni, per mostrare nuovi orizzonti. Non è una parete: piuttosto è una porta che lascia aperte ampie possibilità e che, con il suo carico di esperienze, offre materia di riflessione. Ma il muro è anche materia, anzi, stratificazione di materie: Freddi sovrappone colore, stracci, argilla, carta, legno? incollati con la tecnica del collage, del ?decollage?, dell?assemblaggio di materiali diversi, passando dalla superficie bidimensionale del dipinto alla scultura, senza soluzione di continuità, in un incessante bisogno di esprimersi, fino allo stremo, fin dove è possibile. L?oggetto è sempre presente: i gioielli, frutto della sua attività da orefice, che nelle sue mani si trasformano in piccole opere d?arte (sculture in miniatura, che mescolano materiali di pregio a oggetti di recupero, pezzi di ferro e di legno a oro e pietre preziose); le sculture, eleganti, ricercate, a tratti misteriose, perfettamente equilibrate nell?incontro di materie diverse; gli inserti nei dipinti, i brandelli di realtà incollati alla tela, integrati nella superficie pittorica; gli elementi delle scenografie teatrali, oggetti profondamente evocativi, spesso divertenti, sempre poetici, come il contrabbasso realizzato per lo spettacolo dedicato a Kantor, un piccolo capolavoro. In un universo di materia, due sono i colori che si contendono la scena: il rosso e il bianco. Il rosso della passione, del sangue, della forza, e il bianco della maschera Butoh, dello spirito, della ricerca del sublime. Il rosso dell?esperienza indiana e il bianco del sapere giapponese. Infine il corpo, soprattutto quello femminile. Il corpo come bellezza e erotismo ma anche come dolore e come autodisciplina, il corpo sensuale di una donna in posa e quello liberato, disinibito ed esibito di una performance dadaista. Un gioco di contrasti che non smarrisce mai la propria direzione; una ricerca complessa si, ma sempre coerente, che trova in linguaggi diversi un unico motivo di esistere: l?umanità e la sua storia.