FRANCESCA DELLA TOFFOLA

Francesca Della Toffola
“L’autoritratto mi permette di entrare, di dialogare con gli spazi, di giocare con il tempo, di avere uno sguardo doppio. Dentro e fuori l’immagine”, scrive di sé Francesca Della Toffola. La mostra ospitata da heart ripercorre le tappe principali di questo percorso nell’esplorazione del sé iniziato vent’anni fa, condotto attraverso la fotografia (che per Francesca Della Toffola è una “poesia” con cui comunicare la sua “sensazione del mondo”).
Prima di approdare agli Accerchiati incanti che occupano la sua produzione degli ultimi anni, Francesca ha lavorato, infatti, a una lunga serie di opere, tra le quali spiccano quelle appartenenti al ciclo de La linea nera: dittici di immagini pensati come fotogrammi di un unico filmato, sequenze spezzate di un solo racconto. La linea nera, ovvero la parte di pellicola non esposta alla luce, rappresenta l’assenza (o forse solo la momentanea sospensione) della realtà, il vuoto. Frammenti di pensieri, narrazioni interrotte che raccontano l’artista osservandola in tutta la complessità delle sue riflessioni.
La Della Toffola attraversa i luoghi a lei più famigliari, li fotografa, li trasforma in altro da sé pur preservandone la riconoscibilità, vi suggerisce la propria presenza, gioca con gli elementi, con i colori, con le materie, riappropriandosi di spazi e ricordi, rendendoli teatro di un racconto intimo, fatto di sogni, desideri, paure e segrete visioni.
“Sono le mie stanze”, scrive l’artista, “spazi interni e interiori, luoghi del ricordo, del passato e luoghi del futuro, da costruire. In questi spazi mi muovo, cerco una posizione, a volte mi trasformo in un oggetto, altre volte lo imito, altre ancora lo utilizzo come uno schermo e mi rifugio”. Francesca mette in atto, dunque, un processo di mimesi con gli ambienti e con i luoghi attraversati dal suo corpo e catturati dal suo sguardo.
Con il passare degli anni la linea nera lentamente si stempera, si rende sempre meno presente ed evidente; l’immagine si ricompone, fino ad assumere il formato, emblematico, del cerchio, elemento che costituirà una delle caratteristiche fondanti della nuova produzione, che si spinge fino a sondare le possibilità percettive, concettuali ed estetiche della sfera.
Il corpo dell’artista, comunque protagonista, è diventato progressivamente archetipo di una femminilità che affonda le radici in qualcosa di ancestrale, direi quasi di allegorico: la visione di un eterno femminino in dialogo con l’ambiente naturale e artificiale che circoscrive le nostre esistenze. Se, infatti, il racconto delle serie di lavori de La linea nera apparteneva a uno spazio privato, quello di Accerchiati incanti sposta la presenza e lo sguardo dell’artista dalla dimensione personale a quella universale. I luoghi sono sempre quelli di Francesca: non c’è ambiente ritratto che non appartenga al suo piccolo-grande mondo, eppure le immagini trasportano il fruitore fuori da un preciso spazio-tempo, in un ovunque che sollecita sensazioni visive, tattili, olfattive, che smuove ricordi, memorie, riflessioni, fantasie.
Con un immaginario che richiama alla memoria l’iconografia dell’Ofelia shakespeariana (da quella, assai nota, dipinta da John Everett Millais a quelle ritratte da John William Waterhouse a esempi più recenti, anche fotografici), Francesca sovrappone il proprio corpo a prati innevati, distese di fiori, specchi d’acqua, spiagge sabbiose, ma lo contamina anche con pareti di cemento, staccionate di legno, piastrelle di granito. Il suo corpo diventa un corpo, anzi: diventa il corpo, quello femminile, carico di significati, memorie, speranze e timori. Lontanissima dalle istanze di estrazione femminista o dalle rabbiose rivendicazioni di intere generazioni di artiste donne, la Della Toffola riflette sul tema calcando tracce che riportano da una parte alle atmosfere rituali e magiche delle Siluetas della Mendieta, dall’altra alla struggente e pudica malinconia dei versi di Antonia Pozzi… e a tutte quelle donne che attraverso il proprio corpo, i propri sentimenti, le proprie paure – espressi con le immagini, con i gesti, con i suoni e con le parole – hanno saputo narrare qualcosa di universale, qualcosa che riguarda tutti.
Negli Accerchiati incanti Francesca Della Toffola ha raggiunto uno straordinario equilibrio espressivo. Il rapporto tra la figura e l’ambiente, la sovrapposizione dei piani narrativi, l’armonia dell’insieme testimoniano una notevole maturità nel costruire immagini sempre efficaci ma mai troppo facili, accattivanti ma mai banali, spostandosi su livelli emotivi differenti.
Sono immagini che ci invitano a condividere con l’artista visioni che albergano nei nostri ricordi, che hanno ora il sapore di una fiaba ora quello di un sogno ora quello di un passo letterario che da tempo non leggiamo. Parlano di lei, di Francesca, che ne è la protagonista indiscussa, eppure appartengono a tutti noi, uomini e donne. Sono immagini che accarezzano lo sguardo senza smarrire il loro rigore e la loro severità, portatrici di concetti assai seri ma suggeriti con un tono suadente che non spaventa. Sono incanti, del resto lo dice il titolo stesso, e come tali ci avvolgono, con un approccio sinestetico, che scatena sensazioni ed emozioni differenti: il freddo della neve, il profumo di una spiaggia d’inverno, il silenzio stridente di una scala di marmo, il fruscio di un prato, il pungente tocco di un girasole. Grande merito lo ha certamente la cifra stilistica dell’artista: il suo approccio pittorico alla fotografia – il modo con cui sceglie la tavolozza e modula le cromie e i giochi di luce e ombra – e il suo talento nella costruzione dell’immagine, che le permette di realizzare composizioni sempre ben calibrate, giocate su scarti inaspettati, diagonali che turbano l’ordine ma non lo disturbano, rimandi visivi e giustapposizioni di piani in continuo dialogo.
Proprio come l’Ofelia shakespeariana, la figura femminile protagonista di Accerchiati incanti racconta il mondo privato di una donna suggerendo al contempo questioni universali, in un gioco di identificazioni con il personaggio che sposta lo sguardo dal piano individuale a quello collettivo, femminile e maschile.
(dal testo nel catalogo della mostra Eccolo Narciso spaventato specchiarsi nella luce, Spazio heart, 2019)