FEDERICA GONNELLI

Annullando i confini
“Ho capito che ogni elemento dell’opera ha un suo perché, ho capito che i limiti si superano, ma occorre sapersi fermare”. Sono parole di Federi-ca Gonnelli; parole che fanno riflettere e che ben rappresentano il carat-tere di questa artista che sorprende anche per l’incantevole equilibrio in cui sa sempre tenersi: da una parte sperimentale e visionaria, dall’altra rigorosa e pragmatica; da una parte guidata da un’emotività sensibile e un’immaginazione rigogliosa e libera, dall’altra attenta alla pulizia for-male, al dettaglio. Sa fermarsi Federica Gonnelli, sa fermarsi eccome. E le sue opere godono di questa sua (rara) dote: l’eleganza del non ecce-dere. Un’esigenza di equilibrio, la sua, che non si traduce, però, in opere fredde o senz’anima, ma che si esprime, al contrario, in lavori istintivi e sentiti, che al contempo raccontano le esperienze e la storia personale dell’artista e suggeriscono argomenti di riflessione universali. Federica Gonnelli scrive e prende appunti: lo fa con la penna e con l’obiettivo fotografico. Registra ricordi, immagini, sensazioni che le ser-viranno, prima o poi, per realizzare i suoi lavori. La fase creativa passa per molte strade: fondamentale per lei è il rapporto tra l’opera e lo spa-zio in cui sarà esposta. Ogni opera è, per Federica, “un dispositivo di col-legamento, soglia, confine da attraversare, con il corpo e con lo sguardo, come una porta o una finestra, varco tra esterno e interno, tra generale e biografico”. In quest’ottica di relazione con l’ambiente circostante (da cui Federica trae linfa vitale per l’ideazione dei propri lavori), un’espe-rienza come quella della Residenza artistica in un luogo distante da casa diventa importantissima. Non stupisce, quindi, che la Gonnelli abbia sa-puto sfruttare al meglio la permanenza nel progetto V_Air, organizzato dal Comune di Vimercate nella scorsa primavera. Per lei, che già aveva avuto qualche occasione di relazione con il nostro territorio, questa re-sidenza è stata motivo di approfondimento, di conoscenza, di scambi di pensieri e di visioni e, di conseguenza, di progettazione di nuove opere. In un gioco di contaminazioni davvero affascinante, ha coniugato la sua ricerca personale alle esigenze e alle caratteristiche del nuovo territorio in cui si trovava ad agire, creando un percorso che, di nuovo, parte dalla sfera privata per raggiungere quella collettiva (ma il percorso può anche essere letto al contrario).  
Federica ama abbattere i confini, tutti i confini: soprattutto quelli inna-turali, voluti e tracciati dall’uomo, confini sociali e culturali compresi. “Confesso di non sentirmi pienamente parte di alcun compartimento.”, afferma con tono risoluto, “La mia ricerca è volta al superamento
dei confini, qualsiasi essi siano, che relegano in compartimenti stagni le varie arti così come i confini che dividono gli individui”. Massima libertà, dun-que, anche nelle tecniche espressive.
È difficile catalogare la produzione della Gonnelli, capace di passare dalla fotografia alla videoinstallazione, dal ricamo alla scultura, con sorpren-dente abilità e, soprattutto, con grande coerenza. Una libertà e una capa-cità intuitiva ed espressiva che si respira in tutte le sue opere, costruite su stratificazioni di trasparenze e di piani percettivi, che coinvolgono lo spet-tatore con superfici che confondono e ingannano, che includono l’ombra per accogliere subito dopo la luce, che evocano spazi a noi famigliari tra-sformandoli in qualcosa di diverso o, più semplicemente, mostrandoli da un’altra prospettiva. Un mondo in cui lacrime e rimpianti diventano elementi naturali, fondendosi con le radici degli alberi, in cui scorci ben noti della cittadina in cui viviamo si trasformano in luoghi evocativi di un passato ancora ben nitido nella memoria collettiva, in cui l’immagine di ieri si fa attuale e entra nel presente, in cui il vero e l’immaginario, la re-altà e il sogno, si contaminano fino a confondersi. Una sensazione di per-meabilità dei piani narrativi che si esprime innanzi tutto con l’uso del velo d’organza. Per la Gonnelli esso è “un abito, una membrana osmotica che mette in comunicazione le varie parti; donando al tempo stesso una voce, un’identità sempre diversa, attraverso le immagini che su di esso sono realizzate, ma che allo stesso tempo impone uno slancio agli osservatori che vogliono scoprire cosa vi si cela dietro”.
Ma in queste ultime opere l’artista ha ulteriormente evoluto la propria ri-cerca; pur restando fedele al suo materiale d’elezione ha osato materiali diversi, sperimentali, cercando differenti sensazioni tattili e offrendo mo-menti percettivi dissimili che compongono, nella loro sequenza, un vero e proprio percorso, un viaggio di esplorazione di un territorio, tra realtà e immaginazione, tra sguardo individuale e soggettivo e visione reale e oggettiva.
Una mostra complessa e ricca di sorprese, dunque, questa di Federica Gonnelli. Una mostra che racconta la relazione tra un individuo e un luo-go, che riflette sui confini (e sulla loro inutilità) e sui limiti (e la loro ne-cessità), che ammette (anzi: richiede) interpretazioni diverse e personali. 

(Dal catalogo di Cos'è che mi ha portato fino a qui, Spazio heart, Vimercate 2017)