MARTA VEZZOLI

Marta Vezzoli

Il silenzio è quello sospeso, avvolgente e inquieto di un’attesa. Un’attesa necessaria: necessaria per riflettere e per lasciare che lo sguardo percorra tutti gli spazi, vagli tutti i confini, osservi tutti i dettagli. Un’attesa lieve come un respiro, eppure forte e determinata, sicura nel manifestarsi, come i segni che Marta Vezzoli traccia nell’ambiente, solcando le pareti o attraversando la sottile superficie di una garza. Il senso della ricerca dell’artista è tutto lì, racchiuso nella confortante atmosfera che le sue opere – apparentemente tanto fragili e invece così forti e determinate – riescono a trasfondere allo spazio che le ospita. Sono lavori che rivelano un approccio lento e meditato, meticolosi nel gesto come un bel ricamo, ma incisivi e nervosi come un graffio. Lavori da cui trapela la personalità dell’artista che li ha creati: una donna abituata al cambiamento, alla trasformazione, ad affrontare le variabili esterne.
Marta Vezzoli ragiona sui confini culturali e identitari. Riflette sull’urgenza di adattare la propria esistenza e il proprio ruolo sociale a seconda delle situazioni in cui ci si trova a vivere, sulla capacità di metamorfosi che l’uomo ha, pur nella coerenza del proprio pensiero. In un percorso che non perde mai di vista il tracciato autobiografico, la Vezzoli apre la propria esperienza personale a concetti più universali: l’immigrazione, i limiti territoriali e sociali che l’umanità impone e si impone, ma anche le fragilità e la capacità di affrontarle, con lucida caparbietà.
I materiali a lei cari – la garza ricamata e il tondino di ferro – rispecchiano a pieno il motivo della sua ricerca, rendendolo visibili e tangibile. Il gioco di luci e ombre prodotto dai sottili disegni in metallo, la semitrasparenza della stoffa velata, le sovrapposizioni dei tessuti, i continui chiari-scuri ben simboleggiano il rifiuto delle certezze predisposte e la volontà di farsi sempre delle domande: sulla storia dell’uomo, sulle capacità relazionali, sui ruoli sociali, sul valore dell’identità.

(testo per mostra E3, 2017)