
MATILDE DOMESTICO
Una tazza di cioccolata calda sulla guglia della Mole antonelliana: un’immagine capace di riassumere, con sottile ironia e una buona dose di fantasia, due simboli della città di Torino. Nata nel 2010, la Moletazza – come è stata battezzata questa giocosa interpretazione del celebre edificio torinese – è stata immagine di copertina del quaderno operativo Osserva Torino e disegnala (una pubblicazione ideata e curata dalla storica dell’arte Ivana Mulatero che aveva come obiettivo quello di proporre ai giovani studenti, escursionisti culturali un percorso di conoscenza del territorio attraverso l’uso del disegno dal vero). Ma nella Moletazza non si incontrano solo due icone del capoluogo piemontese: in questa immagine onirica, raffinata e lieve nella sua carica visionaria, si racchiude anche buona parte dell’universo artistico di Matilde Domestico, a partire proprio dall’oggetto-tazza, uno degli elementi della sua inconfondibile ricerca, e dalla porcellana, materiale da lei molto utilizzato.
Da Torino, la città natale di Matilde, alle altre città italiane il passo è breve: già nel 2011, del resto, le tazze, dopo essere approdate sopra la Basilica di Superga, avevano lasciato il Piemonte e raggiunto Roma, addentrandosi tra gli archi del Colosseo. Negli anni, anche grazie alla proposta ricevuta da Sabina Melesi, il progetto si è ampliato, fino a diventare una sorta di poetico Grand Tour, condotto attraverso luoghi celebri e meno celebri delle regioni della penisola. Alle tazze si sono sovrapposti altri aspetti del linguaggio dell’artista, aprendosi a un percorso che esplora e reinterpreta il Bel Paese, alla maniera di Matilde Domestico. L’impronta di Matilde è evidente fin dalla selezione dei monumenti da raccontare: una scelta mai scontata, raffinatissima, che spesso predilige luoghi meno noti, da riscoprire: edifici, ma anche siti archeologici o addirittura personaggi o oggetti particolarmente iconici per il luogo, come nel caso di Grazia Deledda per Nuoro o del Codex Purpureus Rossanensis per Rossano. Il racconto si apre ai molteplici aspetti della ricerca dell’artista: impiego dei punti metallici, della grafite, del bassorilievo in carta, del biscuit. Nel suo personalissimo stile, fatto di silenzi e di assenze, di luce e di spazi bianchi e intimi, Matilde rilegge l’Italia con i propri occhi, reinterprentandola alla propria maniera, con tutta la poeticità di cui è capace, traducendola ora in forme essenziali, dalle geometrie pure (splendido il caso di Castel del Monte), ora in esercizi concettuali (come, ad esempio, per il Sacrario di Redipuglia), ora in raffinate strutture monocrome (come per il Campanile di San Nicolò a Lecco o il Battistero di Pisa). Qualsiasi siano le tecniche e le soluzioni formali adottate, tutte le composizioni possiedono una virtù che da sempre è connaturata alla ricerca della Domestico: una lieve ironia; quell’attitudine sempre molto colta ma mai pedante e quella leggerezza intelligente che contraddistinguono il lavoro dell’artista trovano il proprio terreno ideale in questo immaginifico e raffinato Grand Tour alla riscoperta delle bellezze italiche.
(dal testo in catalogo della mostra presso Galleria Melesi, Lecco, 2019)
Da Torino, la città natale di Matilde, alle altre città italiane il passo è breve: già nel 2011, del resto, le tazze, dopo essere approdate sopra la Basilica di Superga, avevano lasciato il Piemonte e raggiunto Roma, addentrandosi tra gli archi del Colosseo. Negli anni, anche grazie alla proposta ricevuta da Sabina Melesi, il progetto si è ampliato, fino a diventare una sorta di poetico Grand Tour, condotto attraverso luoghi celebri e meno celebri delle regioni della penisola. Alle tazze si sono sovrapposti altri aspetti del linguaggio dell’artista, aprendosi a un percorso che esplora e reinterpreta il Bel Paese, alla maniera di Matilde Domestico. L’impronta di Matilde è evidente fin dalla selezione dei monumenti da raccontare: una scelta mai scontata, raffinatissima, che spesso predilige luoghi meno noti, da riscoprire: edifici, ma anche siti archeologici o addirittura personaggi o oggetti particolarmente iconici per il luogo, come nel caso di Grazia Deledda per Nuoro o del Codex Purpureus Rossanensis per Rossano. Il racconto si apre ai molteplici aspetti della ricerca dell’artista: impiego dei punti metallici, della grafite, del bassorilievo in carta, del biscuit. Nel suo personalissimo stile, fatto di silenzi e di assenze, di luce e di spazi bianchi e intimi, Matilde rilegge l’Italia con i propri occhi, reinterprentandola alla propria maniera, con tutta la poeticità di cui è capace, traducendola ora in forme essenziali, dalle geometrie pure (splendido il caso di Castel del Monte), ora in esercizi concettuali (come, ad esempio, per il Sacrario di Redipuglia), ora in raffinate strutture monocrome (come per il Campanile di San Nicolò a Lecco o il Battistero di Pisa). Qualsiasi siano le tecniche e le soluzioni formali adottate, tutte le composizioni possiedono una virtù che da sempre è connaturata alla ricerca della Domestico: una lieve ironia; quell’attitudine sempre molto colta ma mai pedante e quella leggerezza intelligente che contraddistinguono il lavoro dell’artista trovano il proprio terreno ideale in questo immaginifico e raffinato Grand Tour alla riscoperta delle bellezze italiche.
(dal testo in catalogo della mostra presso Galleria Melesi, Lecco, 2019)