SILVIA CIBALDI

Silvia Cibaldi

“Frammento, sovrappongo, unisco, cucio, ricucio, strappo, annodo, sciolgo nodi, ne creo di nuovi. Io sono mani operose, talvolta frenetiche, incuranti della propria estetica, sporche di terra, di colla, di colore, sensibili alle differenze, ricercatrici di sensazioni”: poche righe scritte dall’artista stessa, un autoritratto in parole che dipinge splendidamente la personalità di Silvia Cibaldi. Operosa come le sue mani, raffinata conoscitrice delle materie e delle loro possibilità espressive, artista coerente, originale, ben riconoscibile, la Cibaldi lavora da decenni su poche tematiche essenziali, che lei ha esplorato ed ancora esplora da prospettive sempre diverse, con un’incantevole acutezza di sguardo. La Madre Terra, la Natura, il ciclo della vita e la sua magia: tutto ruota intorno a questi elementi cardine, portatori di motivi di riflessione importanti, che l’artista non ha alcun timore ad affrontare. C’è il sapore del passato nelle sue opere, il sapore agrodolce di un ricordo famigliare, che porta indietro nel tempo, incantandoci. Il sapore di una memoria che è al contempo privata e collettiva, che ci appartiene eppure ci sfugge, velandosi di misteri profondi ma mai inquietanti. Sono opere che evocano mondi che forse abbiamo conosciuto ma che non sappiamo più come raggiungere, perduti in paesaggi che ricordano i boschi delle fiabe. E nel cuore di queste foreste incantate risiede sempre lei: la Donna. La regina, l’origine e la fine di tutte le cose. La donna indagata nei suoi molteplici archetipi, quelli terreni e quelli spirituali: dea ed essere umano, madre e figlia, nascita e morte, interiorità ed esteriorità. Tra le opere che meglio esprimono questa tematica tanto cara alla Cibaldi spiccano le Vesti della regina, incantevoli variazioni sul tema dell’abito, inteso come simbolica veste sacerdotale ma anche come immagine esteriore della personalità di ciascuno di noi, seconda pelle e scorza della nostra identità, emblema culturale e sociale, immaginario collettivo. “La veste”, scrive l’artista stessa, “è un omaggio alla nostra diversità, alle nostre differenze, alla nostra forza, alla nostra capacità di cambiamento”. Ciascuna veste è realizzata con frammenti di indumenti femminili prodotti da donne anonime, rielaborati dalla Cibaldi con la consueta capacità di mediare materiali, di cambiare il volto alle cose. Sono abiti che raccontano di paesi lontani, forse esistiti solo nei nostri sogni. Abiti che paiono appartenere a eroine di fiabe antiche, giunti nel nostro spazio-tempo grazie a chissà qualche sortilegio. Ciascuno di loro è pronto a narrarci la propria vicenda, ma per ascoltarla dobbiamo stare in silenzio, imparare a conoscere il battito del loro cuore, entrare in sintonia con lo spirito che li ha creati. Sa essere seria, Silvia, ma anche – e non è poco – molto ironica, sa giocare con le citazioni colte e con secoli di mitologia, sa schiacciare l’occhio ai maestri e alla storia dell’arte, sa emozionare senza mai annoiare, affrontare argomenti di scottante attualità e di non facile fruizione con una leggerezza che è sempre sinonimo di intelligenza.

(dal testo per la mostra presso Spazio 38, Milano, 2016)