
Blu di maggio
Blu di maggio, Armando Fettolini
mostra e catalogo
anno: 2016
a cura di Simona Bartolena
curatela e realizzazione catalogo
per Leogalleries
23 Giugno - 16 Luglio 2016
Leogalleries, Monza
Nel blu
“Tutti gli altri colori portano ad associazioni psicologi-
che che possono distrarre, il blu, al limite, ricorda il
mare e il cielo e tutto quello che c’è di più astratto nella
natura.” (Yves Klein)
Sono notti stellate, o forse cieli percorsi da nuvole rapide e leggere, o limpide distese d’acqua… Oppure, è probabile, non sono nulla di tutto questo, perché a osservarli, così, a un primo sguardo, parrebbe proprio che Armando Fettolini abbia passato una soglia, quella della figurazione, entran-do nel campo dell’astrazione. Un passaggio importante. Un cambio di passo, certamente, pur nella sostanziale coerenza con quanto dipinto fino a oggi. Resta il suo gesto, resta la sua materia, restano le sue superfici gessose, resta l’idea stessa di una pittura che non rinuncia a se stessa, che rimane fe-dele alla pennellata, all’impasto materico e al valore croma-tico, ma cambia l’intenzione, cambia lo sguardo. Una libera-zione? Può essere. Da tempo Fettolini cercava una strada, una direzione, una possibile evoluzione per il suo concetto di pittura di paesaggio. Parlavano già di questa necessità le sue ultime Derive occasionali, sempre meno naturalistiche, sempre più oniriche, sempre più gestite rothkianamente a campiture di colore, in spazi che inesorabilmente smarriva-no la linea dell’orizzonte, i confini territoriali, si spostavano in un mondo altro, nel quale la visione retinica si annulla per lasciar spazio alla suggestione emotiva. Questo processo, non privo di tormenti, è arrivato finalmente a quella che pro-babilmente era, da sempre, la propria destinazione: l’astra-zione. Che i paesaggi di Fettolini fossero paesaggi dell’ani-ma lo sapevamo bene; si accompagnavano, del resto, con naturalezza a tutte le serie tematiche indagate dall’artista negli anni: un lungo racconto sull’umanità, i suoi vizi e le sue virtù, intervallato dal respiro profondo delle Derive. Ma ora questi paesaggi hanno superato se stessi, hanno superato la dimensione della visione per approdare a quella dell’espe-rienza trascendente, scegliendo come strumento espressivo – oltre all’inconfondibile gesto e all’altrettanto personale uso della materia – un colore, uno solo. E questo colore non po-teva che essere il blu.
Colore dai molteplici significati iconografici e simbolici, dall’oltremare degli antichi all’IKB di Klein, il blu è da sempre il colore pittorico per eccellenza: il blu della notte, dell’infini-to, dello spirito, del sogno, della malinconia… il blu dei cieli dei maestri Veneti, il blu ambiguo della tavolozza di Picasso, il blu spirituale di quella di Kandinskij, quello immaginifico dei cavallini di Franz Marc e quello visionario e sempre acco-stato al suo complementare di Vincent Van Gogh… Il blu spo-sa la fisicità del quotidiano all’intangibilità dello spirito; il blu è il mare ma anche il cielo. Il blu è l’orizzonte, l’infinito, l’im-mensità, ma sa essere tangibile e presente, qui e ora, senza sfuggire alla propria concretezza. E questa sua ambiguità, questo suo essere sacro e profano, non poteva non attrarre un artista che da sempre si muove tra cielo e terra, tra Dio e l’Uomo, tra la dolce banalità del quotidiano, la concretezza tangibile, talvolta perfino rabbiosa e fisica, di un gesto pitto-rico e la dimensione concettuale di una riflessione filosofica.
Armando Fettolini nel blu ha (ri)trovato se stesso e la sua pit-tura ha incontrato un nuovo motivo di essere. Il blu ha aperto una strada tutta da esplorare, che certo darà frutti interes-santi, tutti da scoprire. Intanto cominciamo vagare in queste campiture cromatiche aperte e ariose, leggere come il vento, che hanno il profumo dell’aria e il rumore del mare. È bello perdersi nel blu.
mostra e catalogo
anno: 2016
a cura di Simona Bartolena
curatela e realizzazione catalogo
per Leogalleries
23 Giugno - 16 Luglio 2016
Leogalleries, Monza
Nel blu
“Tutti gli altri colori portano ad associazioni psicologi-
che che possono distrarre, il blu, al limite, ricorda il
mare e il cielo e tutto quello che c’è di più astratto nella
natura.” (Yves Klein)
Sono notti stellate, o forse cieli percorsi da nuvole rapide e leggere, o limpide distese d’acqua… Oppure, è probabile, non sono nulla di tutto questo, perché a osservarli, così, a un primo sguardo, parrebbe proprio che Armando Fettolini abbia passato una soglia, quella della figurazione, entran-do nel campo dell’astrazione. Un passaggio importante. Un cambio di passo, certamente, pur nella sostanziale coerenza con quanto dipinto fino a oggi. Resta il suo gesto, resta la sua materia, restano le sue superfici gessose, resta l’idea stessa di una pittura che non rinuncia a se stessa, che rimane fe-dele alla pennellata, all’impasto materico e al valore croma-tico, ma cambia l’intenzione, cambia lo sguardo. Una libera-zione? Può essere. Da tempo Fettolini cercava una strada, una direzione, una possibile evoluzione per il suo concetto di pittura di paesaggio. Parlavano già di questa necessità le sue ultime Derive occasionali, sempre meno naturalistiche, sempre più oniriche, sempre più gestite rothkianamente a campiture di colore, in spazi che inesorabilmente smarriva-no la linea dell’orizzonte, i confini territoriali, si spostavano in un mondo altro, nel quale la visione retinica si annulla per lasciar spazio alla suggestione emotiva. Questo processo, non privo di tormenti, è arrivato finalmente a quella che pro-babilmente era, da sempre, la propria destinazione: l’astra-zione. Che i paesaggi di Fettolini fossero paesaggi dell’ani-ma lo sapevamo bene; si accompagnavano, del resto, con naturalezza a tutte le serie tematiche indagate dall’artista negli anni: un lungo racconto sull’umanità, i suoi vizi e le sue virtù, intervallato dal respiro profondo delle Derive. Ma ora questi paesaggi hanno superato se stessi, hanno superato la dimensione della visione per approdare a quella dell’espe-rienza trascendente, scegliendo come strumento espressivo – oltre all’inconfondibile gesto e all’altrettanto personale uso della materia – un colore, uno solo. E questo colore non po-teva che essere il blu.
Colore dai molteplici significati iconografici e simbolici, dall’oltremare degli antichi all’IKB di Klein, il blu è da sempre il colore pittorico per eccellenza: il blu della notte, dell’infini-to, dello spirito, del sogno, della malinconia… il blu dei cieli dei maestri Veneti, il blu ambiguo della tavolozza di Picasso, il blu spirituale di quella di Kandinskij, quello immaginifico dei cavallini di Franz Marc e quello visionario e sempre acco-stato al suo complementare di Vincent Van Gogh… Il blu spo-sa la fisicità del quotidiano all’intangibilità dello spirito; il blu è il mare ma anche il cielo. Il blu è l’orizzonte, l’infinito, l’im-mensità, ma sa essere tangibile e presente, qui e ora, senza sfuggire alla propria concretezza. E questa sua ambiguità, questo suo essere sacro e profano, non poteva non attrarre un artista che da sempre si muove tra cielo e terra, tra Dio e l’Uomo, tra la dolce banalità del quotidiano, la concretezza tangibile, talvolta perfino rabbiosa e fisica, di un gesto pitto-rico e la dimensione concettuale di una riflessione filosofica.
Armando Fettolini nel blu ha (ri)trovato se stesso e la sua pit-tura ha incontrato un nuovo motivo di essere. Il blu ha aperto una strada tutta da esplorare, che certo darà frutti interes-santi, tutti da scoprire. Intanto cominciamo vagare in queste campiture cromatiche aperte e ariose, leggere come il vento, che hanno il profumo dell’aria e il rumore del mare. È bello perdersi nel blu.