Novecento da Sironi a Guttuso

Novecento

22.07-26.11.2023
Lecco Palazzo delle Paure

a cura di Simona Bartolena

per Vidi srl
Ponte43


Dopo la mostra Futuristi, una generazione all’Avanguardia, che ha esplorato l’Italia degli anni Venti e Trenta dalla prospettiva della ricerca d’avanguardia del secondo futurismo, prosegue il percorso delle esposizioni a Palazzo delle Paure con uno sguardo sul medesimo periodo indagato da un punto di vista diverso.
Novecento racconta un periodo complesso e contradditorio che ha visto la contrapposizione, spesso non così netta, tra arte di regime ed espressioni d’opposizione e ribellione.
Caratterizzata, come nel resto d’Europa, da una tendenza al ritorno alla figurazione, la scena italiana ha conosciuto artisti straordinari, capaci di portare innovazione e raggiungere esiti altissimi con le loro ricerche, qualsiasi fosse il loro pensiero politico.
Come di consueto la mostra indaga il periodo storico preso in esame corredando il percorso nelle arti visive con un dialogo aperto con le altre espressioni, dal design all’architettura (che vedono l’affermarsi dell’Art Déco e del Razionalismo), dal teatro alla letteratura.
 
 
Nel 1926 Jean Cocteau sceglie per una raccolta di saggi scritti in precedenza, ma pubblicati quell’anno, il significativo titolo di Le rappel a l’ordre. Il ritorno all’ordine rappresenta un’esigenza comune a gran parte degli ambienti culturali del primo dopoguerra. Una risposta ai progetti utopistici di rinnovamento culturale promossi dalle generazioni precedenti, un desiderio di rientrare nei canoni consacrati dalla tradizione, senza perdere di vista lo spirito avanguardista. Non si tratta, dunque, di rinnegare il passato, ma piuttosto di ripensarne i modi espressivi: dopo la tempesta del conflitto, la cultura tradizionale appare come un punto di attracco sicuro e stabile. Gli artisti che rispondono a questo richiamo all’ordine sono stati, spesso, esponenti delle avanguardie nei primi due decenni del secolo.
 
La tendenza in atto, accolta anche in Italia da molti artisti di varia estrazione, viene raccolta e fatta propria da Margherita Sarfatti, che darà vita al movimento del Novecento italiano. “Novecento italiano. Queste parole non soltanto sono un’affermazione di orgoglio. Sono una promessa e un consapevole giuramento, un voto che gli artisti d’Italia fanno a se stessi e alla patria. Non un grido di vanità ma un atto di fede”, afferma la Sarfatti nella presentazione del suo progetto, con la sua prosa fervente e ispirata, su un articolo sul “Popolo d’Italia”, il 12 febbraio del 1926. Con lei ci sono sette pittori: Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Piero Marussig, Ubaldo Oppi, Mario Sironi. Tra loro hanno poco in comune, se non la volontà di rappresentare un’epoca con la loro pittura e di recuperare lo stile dei grandi maestri del passato. Ma oltre a questi primi protagonisti, gravitano intorno al Novecento sarfattiano numerosi altri artisti che, pur proponendo con la loro pittura valori affini, non aderirono mai del tutto al movimento: da Felice Casorati a Massimo Campigli, da Filippo de Pisis a Giorgio Morandi.
Un ruolo particolare lo occupa il cosiddetto Realismo Magico, che rientra in una più diffusa tendenza europea e che, pur partendo dal recupero di stilemi espressivi classici, si fa espressione di una tensione emotiva ben distante dall’esibita monumentalità e solennità di tanta pittura novecentesca. Accanto alle opere riferibili al Realismo Magico, si indagano anche diverse possibili declinazioni oniriche e visionarie della pittura del vero, dagli episodi di matrice surrealista ai retaggi metafisici ancora visibili in alcuni lavori.
Infine caratterizzano la scena artistica italiana di quegli anno la ricerche di coloro che si pongono all’opposizione, stilistica e politica, dell’arte ufficiale: dal gruppo di Corrente, alla romana Scuola di via Cavour. La tensione emotiva ed espressionista delle opere di questi artisti d’opposizione, oltre a suggerire importanti considerazioni storico culturali, apre le porte al periodo del secondo dopoguerra che sarà oggetto della mostra successiva, già programmata per la primavera del 2024.
 
 
La mostra racconta questo tessuto complesso e difficile da dividere in precise tendenze e appartenenze, percorrendo i diversi linguaggi e approcci alla figurazione in un dialogo continuo tra le differenti personalità. Esposte più di sessanta opere provenienti da collezioni private (con l’eccezione dei prestiti dalle collezioni BPM e dalla raccolta del Museo della Permanente di Milano) e firmate dai principali artisti del ventennio: da Mario Sironi a Carlo Carrà, da Giorgio Morandi a Felice Casorati, da Renato Guttuso a Mario Mafai, da Arturo Martini a Giacomo Manzù, da Giorgio de Chirico a Filippo de Pisis, da Ubaldo Oppi a Emilio Malerba, da Trento Longaretti ad Aldo Carpi, da Renato Birolli a Fausto Pirandello, fino ad artisti forse meno noti ma profondamente significativi per l’epoca, quali, ad esempio, Ugo Celada da Virgilio, Gregorio Sciltian e Carlo Sbisà.
 
Il percorso è diviso in sei sezioni, alcune delle quali dedicate a singole iconografie:
 
  1. Il ritorno alla figurazione in Italia: un’introduzione
  2. Donne: la figura femminile dal mito al quotidiano
  3. Il tema del paesaggio, tra tradizione e modernità
  4. Nature morte
  5. Mario Sironi: un protagonista
  6. Opporsi alla regola, tra arte e scelta politica