15 Marzo 2024
Imparando a volare. Armando Fettolini allo Spazio Dansei

Imparando a volare.
Armando Fettolini allo Spazio Dansei
Olgiate Olona
Dal 9 marzo al 15 aprile
a cura di Fermo Stucchi
presentazione di Simona Bartolena

Non è mai troppo tardi per imparare a volare
 
Non c’è età per imparare a spiegare le ali. Armando c’è arrivato nei suoi sessant’anni, dopo un percorso non privo di imprevisti e complessità, ma sempre intrapreso con lo sguardo al futuro.
In realtà Armando ha sempre volato. Ha volato con le ali della sua pittura, che lo ha portato in giro per spazi e mondi reali e immaginari, tra il sogno e una concretezza tutta terrena.
Ha raccolta sassi ovunque andasse. Sassi da tenere, da accarezzare, da donare, mai da scagliare.
Ha raccolto immagini, questo sempre, con occhi che non si distraggono mai, sempre impegnati a raccogliere quello che il mondo regala ogni giorno: forme, colori, emozioni, racconti.
Il panorama guardato dal finestrino di un aereo gli regala un nuovo possibile passaggio stilistico, un tragitto in auto disegna un nuovo profilo ai suoi paesaggi mentali… L’esplorazione per Armando è fondamentale. Non serve andare chissà dove, basta osservare con attenzione.
Il volo di cui stiamo parlando, quindi, non è un volo creativo o un volo dell’immaginazione. È qualcosa di più profondo, di più suo. Un senso di libertà. Una libertà finalmente raccolta, che non somiglia a un Disimpegno (giusto per citare Arturo Vermi, che della pittura di Armando fu il primo padrino), ma a nuova consapevolezza personale. Una libertà che somiglia alla leggerezza, che è poi una delle doti più preziose che esistano.
C’è un’incantevole serenità nelle opere più recenti di Armando Fettolini. Un respiro, anzi, un sospiro: un alito di leggerezza e luce, una vibrazione poetica, in bilico tra fragilità e forza. Una serenità e un senso di ariosa libertà e consapevolezza che riflettono senza dubbio l’attuale stato d’animo dell’artista nella sua vita privata, ma che non si accompagnano certo all’abbandono della ricerca, a una rinuncia al cammino.
Dopo i Blu, che hanno segnato un momento fondamentale della sua ricerca interiore, ancor più che pittorica, ecco dunque questa nuova svolta, tanto cercata e pensata e finalmente realizzata, dopo non pochi rovelli e tensioni, passo dopo passo, in mesi di lavoro, sempre consapevole di aver in testa qualcosa, di avere tra le dita un gesto pronto a concretizzarsi, di avere negli occhi una visione pronta a materializzarsi, un impeto creativo pronto ad esplodere. Settimane di attesa e poi, così, in quella che è la sua maniera, ecco una sequenza di opere di straordinaria intensità, fedeli alla sua ricerca e alla sua cifra stilistica eppure innovative, capaci di abbandonare la pesantezza della materia in favore della leggerezza struggente della carta, di lasciare il blu – quel blu tanto intrigante, ma anche tanto visivamente e simbolicamente impegnativo – che lo aveva accompagnato negli ultimi sei anni di lavoro.
La carta ha sempre avuto un ruolo nella produzione di Armando. Per avere un’idea di quanto l’artista abbia amato e ami questo supporto basterebbe sfogliare il volume Strade di carta, pubblicato nel 2020 a seguito dell’operazione di archiviazione dei numerosissimi disegni e grafiche presenti nel suo studio. Ma in questa nuova produzione la carta ha un ruolo diverso, non più supporto ma materia, non più comprimaria ma protagonista assoluta.
Della carta ad Armando piace innanzi tutto “l’odore”, quell’inconfondibile profumo che separa la lettura di un libro da quella di un file. Il suo rapporto con la carta è sinestetico e fisico, passa per i cinque sensi, tutti necessari in questo processo di interpretazione di un materiale tanto complesso e delicato. Le sue mani, abituate a essere sporche di gesso e colore, maneggiano ora questo nuovo strumento espressivo con dolcezza, ma con sicurezza, direi quasi con amore, rispettandone le qualità pur nella volontà di trasformazione, con la stessa rapida eleganza con cui traccia parole e segni a matita nei suoi taccuini e con la stessa ferma determinazione con cui accarezza, impasta, copre e schizza di colore la superficie nelle sue opere su tavola. Ne sono nati lavori che sono più di una semplice possibile evoluzione del percorso condotto fino a oggi. Fettolini sembra aver compiuto una svolta importante, che non tradisce il passato ma apre strade interessantissime per il futuro. Tutt’altro che intenzionato a “tirare i remi in barca” dopo più di quarant’anni di attività, egli manifesta così, con un sorriso svagato, la sua capacità di progredire ancora nella propria ricerca, o forse, meglio, la sua incapacità di smettere di cercare nuove risposte. Nella sua opera, del resto, c’è sempre stata una domanda. L’urgenza espressiva è sempre dettata dal dubbio, dall’indagine, dall’interrogativo. Ogni suo ciclo pittorico, fin dalle primissime prove, ha affrontato un dubbio senza voler dare la risposta, ha puntato l’attenzione su una questione senza mai avanzare un giudizio o declamare un’opinione. Un’esplorazione continua, costante, mai paga. Un ciclo dopo l’altro, una domanda dopo l’altra, come una serie di matrioske – come curiosamente le ha definite l’artista stesso – che compongono tutte insieme il corpus della sua ricerca. Anche in questo caso, quindi, pur nella pacificata serenità delle composizioni, serpeggia quella sana e necessaria irrequietezza di cui Armando non sa fare a meno e che costituisce un punto di forza nel suo modo di vivere, ancor prima che nel suo modo di fare arte.