GIOVANNI SESIA

Giovanni Sesia

Che cos’è la bellezza? Quali sono i sui confini? Quanto contano le consuetudini sociali nella sua definizione? Seguendo il filo della ricerca che sta conducendo da anni, Giovanni Sesia approda a un progetto che ci obbliga a riflettere sulla bellezza, per riconsiderarne i canoni. In questa sua nuova serie, Sesia accosta, in una suggestiva sequenza, i volti di notissime dive del passato più glorioso di Hollywood ai visi femminili raccolti negli archivi dei manicomi. Da una parte la bellezza ideale, irraggiungibile ma a noi assai famigliare, delle icone dello star system, dall’altra il fascino irregolare, segnato dal dolore e dalle difficoltà della vita, delle donne recluse in un manicomio quando i manicomi somigliavano tanto a campi di prigionia (e sterminio).
Gli occhi bistrati e le lunghe ciglia delle languide attrici degli anni Cinquanta incontrano quelli oscuri, inquieti, ipnotici di donne considerate folli ma che forse folli non furono (o probabilmente lo divennero, date le condizioni dell’internamento). Di fronte a questa straordinaria sequenza di sguardi – ora languidi, ora severi, ora sicuri di sé, ora timidi, ora spaventati, ora seducenti – le nostre certezze sui canoni estetici si infrangono. Dive o malate, attrici o donne in cerca di sé, personalità affermate o persone qualunque… Non fa la differenza. Scorrendo quei visi, passati sotto le abili mani di Sesia che li ha trasformati in opere d’arte, ci accorgiamo che la bellezza non ha confini e se li ha è solo perché ciascuna società si costruisce i propri, quasi come forma di difesa. Sesia destabilizza l’immaginario comune e ci induce a riflettere, sul vero senso di ciò che noi chiamiamo bellezza.
Sospese tra verità e immaginazione, ricordo e apparizione, sogno e realtà, le immagini di Sesia sfidano il tempo, lo fermano negli occhi di queste figure femminili, tutte realmente esistite ma non tutte eternate dalla storia. Come di consueto Giovanni scava negli archivi di una memoria che sta andando persa (o forse è già perduta), riporta alla luce un’umanità sconosciuta e propone una nuova lettura per personaggi che, invece, la fama ha consegnato alla storia. Non è un caso che la sua scelta sia caduta su dive del passato: il tempo è da sempre il vero protagonista della ricerca di Sesia. Il tempo passato delle foto color seppia, il tempo assoluto della foglia oro, il tempo dell’oggi, attuale e contingente, del segno dell’artista, che graffia la superficie contemporanea dei suoi dipinti. La sua personale tecnica – che media la fotografia con la pittura e la parola, in un linguaggio che costituisce la vera e propria cifra stilistica dell’artista – trova in questi volti uno dei propri vertici espressivi. Il sapore della storia, intesa come memoria, il gusto della reinterpretazione dell’immagine di cui sono impregnate tutte le sue opere, e la sua lunga ricerca su mondo manicomiale trova qui una nuova ragione di essere. La diversità messa in relazione con lo stereotipo di bellezza da sempre rappresentato dalle dive hollywoodiane offre notevoli motivi di riflessione. Il tempo scorre; ne sono testimoni la dolce malinconia di queste protagoniste di un mondo che oggi non esiste più (tanto distanti dallo star system attuale) e la consapevolezza del dolore negli sguardi delle folli, chiuse in manicomio per chissà quale diagnosi sommaria. Il tempo è passato su tutto, sbiadendo o cancellando i loro volti, anche i più noti, anche quelli che avevano fatto sognare milioni di persone.
Sesia abbatte la distanza tra due mondi – quella distanza che la società ha costruito con un po’ di mascara e una cinepresa – e fa in modo che a parlare sia solo l’umanità di queste donne e la loro superba bellezza.
(I confini della Bellezza, per la mostra alla fabbrica Eos, Milano, 2018)

Il tempo si ferma nelle opere di Giovanni Sesia: Ed è lui il vero protagonista: il tempo. Il tempo passato delle foto color seppia, il tempo assoluto della foglia oro, il tempo dell’oggi, attuale e contingente, del segno dell’artista, che graffia la superficie contemporanea dei suoi dipinti. Per un istante lungo un’eternità le lancette si fermano, bloccando lo scorrere della storia in uno sguardo, in un volto, in un elemento naturale, in un oggetto quotidiano. In bilico tra ricordo e apparizione, memoria e immaginazione, le immagini elaborate da Sesia rubano la nostra attenzione, ci inducono a riflettere, ad aprire le porte a un mondo altro, assai lontano eppure irrimediabilmente vicino; un’attitudine che appartiene a gran parte della produzione dell’artista ma che diventa tangibile, perfino emozionante, nella serie dedicata al manicomio di Novara. La personale tecnica di Sesia – che media la fotografia con la pittura e la parola, in un linguaggio che costituisce la vera e propria cifra stilistica dell’artista – trova in un soggetto tanto complesso e drammatico uno dei propri vertici espressivi. Il sapore della storia, intesa come memoria, e il gusto della reinterpretazione dell’immagine di cui sono impregnate tutte le sue opere, si coniuga qui con un motivo forte, capace di accendere riflessioni importanti e di aprire percorsi a tratti spaventosi ma senza dubbio necessari: il concetto di diversità. Il folle è il diverso. Il processo di alienazione e azzeramento dell’individualità a cui i reclusi in un manicomio erano sottoposti non è poi così dissimile da quello messo in atto nei campi di prigionia e di sterminio. Escludere la dimensione personale, negando l’unicità del singolo è il passo necessario per dirigersi verso la presunta perfezione della normalità. Uniformare, appiattire la realtà in un’unica dimensione, negare l’originalità. Il diverso fa paura. Il diverso induce al dubbio esistenziale. L’emarginazione del diverso è il principio base di una società che trincerandosi dietro alle proprie certezze spera di combattere i propri demoni.
(dal catalogo della mostra L’ossessione della normalità: Giovanni Sesia, Spazio heart, Vimercate, 2015)

 

Gallery GIOVANNI SESIA