LUCIANO PEA

 
Passeggiando tra le nubi
Un visionario sognatore. Luciano Pea è innanzi tutto questo. Un visionario sognatore gentile e affabile, ma capace della più acuta e graffiante ironia. Un visionario sognatore che vive di fantasia, ma conosce il senso del pragmatismo e il peso della realtà. Un visionario sognatore che ha fatto dell’arte la sua più preziosa alleata e con lei gioca, senza confini, spostandosi liberamente tra le tecniche, i linguaggi. Se forte è, senza dubbio, l’eredità creativa e l’attitudine dell’amico Bruno Munari, altrettanto evidente è la personale passione per la sperimentazione e l’approfondimento dei vari strumenti espressivi – dal pastello all’incisione, fino alle varie tecniche di pittura – tutti studiati e applicati con serietà e perizia.
Pensare a una mostra personale di questo poliedrico ed eclettico artista significa per forza di cose immaginare un’esposizione che sia altrettanto poliedrica ed eclettica. La luce non illumina è, proprio per questo motivo, una mostra polimorfa e polisemica, difficile da arginare in singole categorie: essa è, di fatto, lo specchio della genialità creativa di un artista che non si è mai dato definizioni e confini e che ha impedito che altri lo facessero per lui.
Spiazzante e contro le consuetudini è già il titolo, che fa riferimento a un’installazione-performance che gioca con un raggio di luce che cancella la figura invece che rivelarla. La luce che non illumina non ha, dunque, alcun retropensiero negativo o altro motivo filosofico-speculativo: semmai ha giusto quel tanto di straniamento necessario per imporci di riflettere sulle cose da un punto di vista differente, abbandonando le convenzioni e i canoni precostituiti. Pea, del resto, ci invita sempre a “misurare” la realtà con nuovi parametri, liberi dagli obblighi dell’ortodossia della conoscenza. Pea irride la creduloneria, i pressapochismi, ma anche la banalità del pensiero collettivo, così radicato nella concretezza delle cose, da non accorgersi della bellezza delle nuvole e delle stelle. Ora, sornione, offre una scatola magica per i vaticini, ora ci invita all’acquisto, ottimo investimento, di chiodi storti e acqua già bevuta... Ma poi ci prende per mano e ci porta a contare le stelle, a catturare i sogni, a perderci nei colori, a passeggiare tra le nubi. Ed è incantevole come sia capace di farci perdere la bussola senza spaventarci, accompagnando con grazia e gentilezza ogni nostro passo, tra tempeste e scorci di luce, alla scoperta di ciò che veramente conta nella vita: la poesia, l’arte, la bellezza, la fantasia, la serenità.
In questo suo splendido mondo, Pea si muove con sicurezza tra le più diverse tecniche, sapendo esprimersi tanto con il classico olio su tela quanto con la sperimentazione di altri strumenti.
Suo tema d’elezione è senza dubbio il colore, inteso come colore-luce e percezione ottica. La sua è una visione sinestetica, dalle radici astratte, sebbene nella sua opera non si smarrisca mai la figurazione.
Il colore è suono ed è mezzo di indagine percettiva, strumento emozionale capace di coinvolgere i sensi in tutta la loro complessità. Il colore è sempre protagonista: sia esso la campitura, quasi da color field, di alcune opere da parete, o il bianco e nero delle incisioni. Azzurri vibranti, rossi accesi, gialli squillanti, neri dalle nuance profonde e inaspettate e tocchi di bianchi che aprono, manifestandosi come improvvisi squarci di luce. A volte sono nubi, a volte sono astri, a volte sono solo superfici in cui immergersi, leggere e impalpabili come l’aria, a volte sono terra, concreta e tattile come roccia (come nel caso della “concentrazione cromatico-materica” dei Pozzi di marea). Le superfici cromatiche di Pea sono tutto e nulla, sempre in bilico tra impressione e inganno ottico, tra visione retinica e immaginazione onirica. Se ne coglie a pieno il potenziale quando sono tradotte nelle dimensioni installativa, in opere composite, che sanno modificarsi a seconda dell’ambiente che vanno ad abitare. In mostra, ne offrono una significativa testimonianza Oriens e Incipit, due installazioni originariamente realizzate per le settimane montiniane di Concesio, che ora trovano ragioni di essere dal dialogo con uno spazio completamente diverso da quello per il quale erano nate.
La luce non illumina è, dunque, un bel modo per dare avvio al nuovo programma espositivo dello Spazio heart: una mostra che sfugge alle definizioni, che fa riflettere senza drammatici proclami, che invita i sensi e la mente a uscire dagli schemi, ad abbandonare i codici. Una passeggiata sulle nubi, dove tutto è lieve ma nulla è superficiale.
 
Simona Bartolena

DA: LA LUCE NON ILLUMINA. Mostra allo Spazio heart gennaio-febbraio 2024
 
 
 
 
 
 
 
Gallery LUCIANO PEA